Ciò che inferno (non) è


“Il professore si comporta come un editore che cura gli inediti,i ragazzi”

Con un discorso incentrato sull’importanza dei giovani e il ruolo del maestro nella loro formazione Alessandro D’Avenia esordisce davanti ad una platea di studenti.

La figura di “questo” professore,simile ad un Socrate che porta alla conoscenza di noi stessi, sarà parsa mitologica alle orecchie e agli occhi dei giovani,soliti , a volte (se sono fortunati), ad automi incoscienti. Tanto insolita da poter essere vista solo in un palazzetto dello sport, come fosse uno zoo.

Non sarebbe inopportuno che certuni imparassero che non si termina mai di imparare, e mai di imparare ad insegnare.L’insegnamento si rapporta con il cambiamento incessante, i giovani appunto, e paradossalmente rimane ancorato ad una banchina di conservatorismo e formalità. L’organo scolastico appare ormai superato, come un antico mobile, su cui magari poggia l’ultima trovata della tecnica. La figura severa del professore, le nozioni impartite come fossero un dovere, quando in realtà sono un diritto e un piacere, e poi la irrazionalità della valutazione. Ci si domanda come possa una professore in carne ed ossa.,ripeto carne ed ossa, valutare OGGETTIVAMENTE un alunno, anche lui, se talvolta sfugge, dotato di attività pensante e carattere.

Il voto ha una funzione più distruttiva che costruttiva, demoralizza e raramente premia,e che premio…

Molti pensatori, tra cui il pedagogista Rudolf Steiner, hanno ideato,e messo in pratica sistemi scolastici a misura d’uomo, vedesi la scuola steineriana.

Lo studente è prima di tutto istruito ad imparare, a capire perché si approccia alla conoscenza,e cosa potrà ricavare da questa “scienza infusa”. Viene liberato dal voto e le sue potenzialità vengono valorizzate  a misura per lui, la soggettività viene esaltata, e non oggettivata e schematizzata, e le nozioni rimangono le stesse,(basti pensare che gli studenti di queste scuole svolgono al termine del loro percorso l’usuale esame di stato).

Non si può provare meraviglia allora se persone adulte o magari professori non siano disposte ad imparare, ma non tanto per superbia o arroganza, quanto per il mondo educativo da cui provengono, la stessa scuola che li ha formati è laicamente catechetica, e per tanto si pongono come portatori di verità assolute e incontrovertibili, dimenticando, e mostrando allo stesso tempo, la loro natura umana, che è tale perché di ricerca continua.

“Il Professore deve intercettare le qualità di uno studente come una madre, e come un padre sfidarle”  A questa sentenza di D’Avenia sarebbe il caso di aggiungere, e quindi concludere, che un maestro non deve mancare dell’umanità che possiede una madre e della fiducia di un padre.